Il Disegno per la Riforma della Legge Cinese sugli Investimenti Esteri del 2015

china 2Quando nel 1979 fu emanata la PRChina Law on sino-foreign joint venture la Cina aveva intrapreso un percorso di progressiva apertura verso l’Occidente che l’avrebbe trasformata, nel breve volgere di pochi decenni, prima nella “fabbrica del mondo” e poi nella principale economia del mondo.

Era facile intuire che la Politica della Porta Aperta si sarebbe potuta realizzare solo attraverso un ingresso progressivo (e soprattutto all’inizio, molto “controllato”) degli investimenti esteri: per tale motivo fu previsto non solo un rigido sistema di controllo preventivo ma le autorità cinesi furono investite del potere di modificare unilateralmente i contratti tra cinesi e stranieri, qualora le clausole non fossero ritenute tali da tutelare in modo adeguato gli interessi locali.

E’ quasi ultroneo affermare che dopo 30 anni la Cina attuale è un Paese completamente diverso da quello di allora e ha bisogno di strumenti giuridici al passo con i tempi.

Preso atto di questa situazione, all’inizio del corrente anno il Ministero Cinese per il Commercio Estero (MofCom) ha reso pubblica la Proposta di Riforma della Legge Cinese sugli investimenti esteri (il Disegno) affinché sia esaminata dalle competenti autorità (come il Legal Affair Bureau costituito presso il Consiglio di Stato, organo apicale del potere esecutivo).

A prescindere dalle eventuali modifiche e/o correzioni, il Disegno rappresenta una pietra miliare nel settore degli investimenti diretti esteri (IDE) in Cina, poiché propone soluzioni che sono una vera rivoluzione copernicana rispetto all’attuale scenario normativo.

Di seguito saranno analizzate le principali novità contenute nel Disegno.

  1. Omogeneità di disciplina della Corporate Governance. Il primo cambiamento è l’abolizione della diversità delle regole che attualmente disciplinano la corporate governance a seconda che la società sia straniera o domestica. Il Disegno stabilisce che tutte le società dovranno adeguarsi ai requisiti previsti dalla Legge Cinese sulle Società (la Company Law di fine anni Novanta, novellata nel 2005, ora CL).

Questa importante modifica risolve un problema che spesso si presenta allorquando si vuole costituire una società poiché in base alla prassi l’organo più importante è individuato nel Consiglio di Amministrazione (Board of Directors) mentre la CL individua tale organo nell’Assemblea dei Soci (Shareholders’ Meeting). Ne consegue che le decisioni più importanti (come l’aumento del capitale sociale registrato, la cessione delle quote, le modifiche allo Statuto…), oggi rimesse alla decisione del Consiglio, per effetto del Disegno saranno sottoposte all’Assemblea dei Soci.

L’adeguamento delle vigenti forme societarie al nuovo assetto delineato nel Disegno dovrà essere ultimato entro il termine di 3 anni dalla data di conversione del Disegno in vera e propria legge.

Le principali modifiche che dovranno essere apportate ai veicoli societari oggi esistenti sono:

  1. a) l’organo più importante delle Equity Joint Venture sarà l’Assemblea dei Soci anziché il Consiglio di Amministrazione;
  2. b) nelle Cooperative Joint Venture il Consiglio di Amministrazione o il Joint Management Committee saranno sostituiti dall’Assemblea dei Soci;
  3. c) la suddivisione dei profitti tra i soci non dovrà più essere effettuata in ragione delle quote di capitale sociale dagli stessi posseduto;
  4. d) i diritti di prelazione dei soci dovranno essere modificati nel senso che per trasferire le quote a terzi non sarà più necessario rispettare il pre-emptive right degli altri, ma sarà sufficiente che la cessione sia autorizzata dalla metà (o più) dei soci non cedenti.
  5. Uniformità di trattamento degli IDE. La seconda importante novità contenuta nel Disegno è la creazione di una disciplina “nazionale” per regolamentare gli IDE (Art. 6 del Disegno); in base a tale norma, gli investimenti esteri saranno equiparati, dal punto di vista del trattamento giuridico, alla stregua di quelli cinesi in applicazione del principio del “pre-establishment national treatment“. Pertanto un investimento estero non sarà più soggetto, come accade ancora oggi in numerosi settori, alle procedure di approvazione e/o requisiti ulteriori e più gravosi rispetto a quelli richiesti se il medesimo investimento fosse realizzato da un soggetto cinese. Tuttavia in base alle Explanations che accompagnano il Disegno, la legge non vieta (e, quindi, non esclude) che potranno essere previsti trattamenti discriminatori nei confronti di società estere (con riferimento ai settori ad accesso “limitato” di cui si occupa il Catalogo Speciale analizzato nel punto successivo).
  6. Il Catalogo Speciale e l’Entry Clearance System. Il principio di parità di trattamento tra investitori stranieri e quelli cinesi non si applica ai settori (come i servizi finanziari) ed alle materie contenute nella cosiddetta negative list (che sarà predisposta dal Consiglio di Stato). Le eccezioni al generale principio della parità di trattamento degli investimenti dovranno essere regolate in modo espresso dalla Legge e saranno contenute in un documento (il Catalogo Speciale) idealmente destinato a sostituire l’attuale Catalogo per gli IDE che – come noto – raggruppa e suddivide tutti i settori potenziale target degli IDE in tre categorie (permessi, incoraggiati e vietati).

Il Catalogo Speciale è suddiviso in due categorie: la prima comprende gli investimenti “vietati” (cioè i settori in cui gli stranieri non possono in alcun modo, ancorché partecipati da una società cinese, effettuare investimenti in Cina) mentre la seconda elenca gli investimenti “ristretti” (in cui gli stranieri possono intervenire solo in presenza di determinate condizioni, ad esempio costituendo obbligatoriamente una società mista con un socio cinese che deve detenere necessariamente almeno il 51% del capitale sociale, come ad esempio oggi accade in taluni settori legati allo sfruttamento delle energie rinnovabili).

E’ bene precisare, per evitare fraintendimenti, che il Catalogo Speciale si pone obiettivi e finalità diverse rispetto al Catalogo per gli IDE; infatti quest’ultimo non influenza la procedura di autorizzazione a cui devono essere attualmente sottoposti certi investimenti esteri, limitandosi ad indicare le modalità per costituire una newco e le linee guida per gestire il business oltre la Grande Muraglia. Invece il Catalogo Speciale ponendosi come eccezione al generale principio della parità di trattamento tra investitori esteri e quelli cinesi si risolve, per i settori non compresi nelle due categorie sopra indicate, nell’assoluta esenzione da qualunque forma di preventiva autorizzazione e/o controllo da parte delle autorità cinesi (in primis il MofCom e il Ministero Cinese per l’Industria e il Commercio) e descrive l’iter procedurale (Artt. 27, 30 e 31) a cui sono sottoposti gli IDE (la richiesta va depositata presso il Consiglio di Stato che nei successivi 5 giorni deve comunicare per iscritto eventuali carenze e/o richieste di documentazione supplettiva/integrativa).

Ciò non significa che sia venuto meno ogni tipo di controllo: il Disegno prevede infatti un Entry Clearance System in base al quale le aziende che non rientrano nel Catalogo Speciale devono comunque fornire informazioni alle autorità cinesi, in epoca successiva alla realizzazione dell’investimento estero. Non si tratta, per usare una terminologia giuridica, di una pubblicità “costitutiva” bensì di una pubblicità “notizia”: in base all’Entry Clearance System infatti le autorità cinesi non possono modificare i documenti (es. il contratto societario) forniti dalla società straniera.

Al di là dell’aspetto meramente formale, il Disegno non ha eliminato l’elemento che più di ogni altro influenza negativamente l’attuale assetto autorizzativo, rappresentato dall’ampio margine di discrezionalità con cui le autorità cinesi possono decidere se approvare o meno un determinato investimento estero, al termine di una procedura time consuming in cui lo straniero deve fornire informazioni molto dettagliate in merito al progetto che intende realizzare.

  1. Abrogazione delle JV e delle WOFE. La terza rilevante novità apportata dal Disegno è rappresentata dall’abolizione dei veicoli societari che oggi sono normalmente utilizzati dagli IDE; tale provvedimento mira ad eliminare le discrasie tuttora esistenti tra le principali forme societarie (cioè le JV e le WOFE, create per effetto della Politica della Porta Aperta inaugurata da Deng XiaoPing alla fine degli anni Settanta) e la Legge Cinese sulle Società promulgata durante gli anni Novanta per creare un humus giuridico comune alle varie forme societarie utilizzabili dagli stranieri. Il mancato coordinamento tra le leggi che disciplinano i singoli veicoli e quella che avrebbe dovuto avere, almeno nelle intenzioni dei compilatori, una portata di carattere generale ha creato non pochi problemi: per esempio la CL impone la creazione di un collegio di revisori all’interno della società mentre la legge sulle WOFE nulla dice a tale proposito. Il silenzio del Legislatore va interpretato nel senso che la Legge sulle Società intendeva colmare un gap della normativa sulle WOFE o, al contrario, si deve ritenere che la struttura di queste ultime possa differire rispetto al modello generale delineato nella Legge sulle Società?

Il Disegno risolve il problema abolendo le tre forme di società ad investimento estero (sia le Joint Venture, in cui parte del capitale è detenuto da una società domestica, sia le WOFE in cui l’intero capitale è in mano ad un soggetto straniero) stabilendo che il nuovo veicolo societario potrà assumere una delle tre forme previste dalla Legge sulle Società (cioè la società a responsabilità limitata, la società per azioni e la partnership per la realizzazione di un obiettivo comune).

In base al Disegno (Art. 170) i tre veicoli societari oggi esistenti saranno aboliti quando entrerà in vigore la nuova Legge sugli IDE; le JV e le WOFE già costituite dovranno essere convertite, entro il termine di 3 anni decorrente dalla trasformazione del Disegno in vera e propria legge, in una delle tre forme previste dalla Legge sulle Società. Nel triennio sopra indicato, la disciplina giuridica delle società a capitale estero sarà quella prevista dalle rispettive leggi (es. la PRChina Law on sino-foreign joint venture…).

  1. Concetto e ruolo di “controllo” esercitato dall’investitore estero su una società cinese. Il Disegno aderisce al principio secondo cui la sostanza deve prevalere sulla forma: per tale motivo l’Art. 45 del Disegno prevede che, in presenza di determinate circostanze, le società straniere controllate da investitori cinesi potranno essere considerate ed equiparate, a tutti gli effetti, alle società cinesi e, per converso, che le società cinesi possedute da stranieri potranno essere trattate come società domestiche.

Il termine “effective control” non si limita alle ipotesi scolastiche in cui la maggioranza del capitale sociale sia detenuto da un’altra società (sul concetto di maggioranza si rinvia a quanto verrà espresso più avanti) perché il Disegno considera forme di controllo anche le partecipazioni atipiche come i trust, le transazioni off-shore, gli accordi di collaborazione commerciale e, più in generale, qualunque forma giuridica diversa dal mero possesso delle quote del capitale sociale, in virtù della quale un investitore estero sia nella condizione di controllare e/o determinare le scelte di una società cinese o detenuta da un investitore cinese.

Al di là della concreta realizzabilità della suddetta equiparazione, le principali perplessità riguardano la definizione di “controllo” che l’Art. 18 del Disegno descrive utilizzando il termine “half or more” (cioè il 50% o più…) anziché “more than half” o “majority” come avevano suggerito alcuni Autori. La differenza non è solo lessicale in quanto il termine utilizzato dai Compilatori (“yishang“, tradotto in inglese come “more”) comprende espressamente il numero che lo precede per cui un conto è dire “majority” (dove ci riferiamo a una quota superiore al 50%), altro è parlare di “yishang” che comprende anche il 50% stesso con la conseguenza che due investitori che posseggano ciascuno il 50% delle quote di una società potrebbero essere definiti, sulla base del Disegno, come “controllanti” anche se sappiamo che, sotto il profilo giuridico, il termine “controllo” implica la possibilità di un soggetto di influenzare le scelte e le decisioni di una società, cosa che non accade nel caso in cui il capitale sociale sia equamente diviso tra due soggetti.

  1. Le VIEs. Un ulteriore argomento che suscita perplessità riguarda la disciplina delle VIEs (acronimo di Variable Interest Entity): le VIEs sono il risultato delle restrizioni di accesso che la legge cinese impone alle società straniere in taluni settori (come le telecomunicazioni o internet, il settore educativo, quello finanziario…). Le società straniere per “aggirare” queste limitazioni e/o divieti concludono accordi scritti di collaborazione con le società cinesi che posseggono le necessarie licenze richieste per operare in tali materie e in base ai suddetti accordi vengono costituite delle newco controllate dalla società cinese ma in cui è presente anche il capitale straniero: in questo modo gli investitori esteri, seppur indirettamente, riescono ad operare anche nei settori ad essi vietati, sebbene in base alla Legge Cinese sui Contratti qualunque accordo finalizzato ad aggirare un divieto si considera invalido e giuridicamente privo di effetti.

Il motivo per cui il Governo cinese, pur disapprovando formalmente questa prassi, aveva sempre assunto un atteggiamento lassista è presto spiegato: gli accordi di collaborazione conclusi tra gli investitori esteri e le società cinesi che posseggono le licenze assicura un flusso considerevole di denaro nelle casse delle società cinesi e, più in generale, del mercato locale.

Orbene si è visto che in base al Disegno una società con capitale estero controllata da un investitore cinese potrebbe essere equiparata, sotto il profilo giuridico, ad una società domestica in senso stretto: applicando questa regola alle VIEs si arriverebbe al risultato di “legittimare” la presenza del capitale estero nei settori formalmente preclusi agli IDE dal momento che, come detto, l’accesso a tali materie è precluso agli investitori stranieri mentre non può essere impedito né limitato per quelli cinesi.

Utilizzando i concetti di “foreign investor” e di “control” contenuti nel Disegno si possono quindi ipotizzare due forme di VIEs:

  1. a) la prima riguarda le nuove VIEs (cioè quelle che saranno costituite dopo l’approvazione della riforma): il Disegno le disciplina alla stregua di un qualsiasi investimento estero; ne consegue quindi che gli IDE non saranno permessi, anche attraverso le VIEs nei settori che il Catalogo Speciale considera vietati o ristretti salvo, in questa seconda ipotesi, sia rilasciato un permesso o un’approvazione ad hoc. Pertanto, si può affermare che la piena equiparazione delle VIEs partecipate (ma non controllate) dagli investitori stranieri alle società domestiche sarà possibile solo per quelle realtà che operano in settori permessi oppure in settori “ristretti” del Catalogo Speciale in virtù di un’espressa autorizzazione rilasciata dal Consiglio di Stato.
  2. b) le VIEs già esistenti non sono espressamente regolate dal Disegno che, in termini inequivocabili, si riferisce solo agli accordi tra investitori esteri e società domestiche conclusi dopo l’entrata in vigore della nuova legge sugli IDE. Nel silenzio del Legislatore, il MofCom ha emesso una nota esplicativa in cui espressamente ipotizza tre possibili soluzioni attraverso cui per risolvere questo spinoso problema:

5.1 le VIEs tuttora esistenti e quelle costituite prima della conversione del Disegno in Legge dovranno inviare una formale comunicazione scritta allo stesso MofCom che disciplinerà queste entità alla stregua di investitori esteri a tutti gli effetti;

5.2 le VIEs che a seguito della verifica effettuata dal MofCom risulteranno non essere in contrasto con la legge, potranno continuare ad operare a condizione che non venga meno il requisito del controllo sulle stessa da parte dell’investitore/società cinese;

5.3 il MofCom predisporrà una lista in cui saranno inserite le VIEs considerate “approvate” che, per l’effetto, potranno continuare ad operare legalmente.

  1. Considerazioni conclusive. Il Disegno, sebbene presenti molti punti oscuri è certamente un passaggio evolutivo dello scenario cinese da cui non si poteva prescindere in quanto soddisfa l’esigenza, manifestata con crescente vigore, di dotare il Paese di un quadro normativo adeguato ed aggiornato, essendo chiaro che tanto la farraginosità delle leggi sui principali veicoli di investimento estero in Cina quanto il complesso sistema di controlli ed approvazioni preventive potevano andar bene per regolare un Paese com’era la Cina mezzo secolo fa, ma erano certamente strumenti spuntati ed inadeguati a regolamentare un Paese che ormai ricopre un ruolo di primo piano sulla scena internazionale non solo dal punto di vista economico ma anche politico e finanziario.

Avv. Giampaolo Naronte, GN Lex Studio Legale

gnaronte@gnlex.net

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