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F.A.T.C.A. (Foreing Account Tax Compliance Act) SUNT SERVANDA

fatcaIn data 10 Gennaio 2014 è stato siglato un accordo Italia-USA in materia di contrasto all’evasione fiscale internazionale, finalizzato a migliorare la compliance fiscale internazionale e ad applicare la normativa Fatca.

Già in precedenza, con la sottoscrizione della Convenzione di Washington del 1999, le due Nazioni avevano stipulato uno scambio automatico di informazioni, anche a fini fiscali, al fine di evitare una doppia imposizione di imposte sul reddito e di prevenire le frodi e le evasioni fiscali.

Con l’Intergovernment Agreement – IGA del gennaio scorso, il cui schema di decreto è ancora al vaglio delle Istituzioni Italiane, gli stati firmatari hanno deciso di superare gli ostacoli interni di natura giuridica e di implementare il framework normativo Fatca in modo sempre più agevole.

La normativa Fatca venne adottata nel 2010 dagli Stati Uniti ed a seguito dell’accordo Italia-Usa è entrato in vigore in Italia dal 1° Luglio scorso; essa introduce una serie di obblighi di dichiarazione da parte di chi intrattiene rapporti finanziari con soggetti statunitensi.

Oltre all’Italia hanno aderito, tramite lettera di reciproci intenti (Joint agreement), anche altri Paesi Europei, quali Spagna, Francia, Germania e Regno Unito e a formalizzazione di tale intento è stato pubblicato il Model Intergovenment Agreement on Improving Tax Compliance and Implementing FATCA (c.d. Model IGA), che introduce il nuovo sistema di semplificazione per i Paesi Fatca partner, la cui prima stesura risale al 2012 e l’ultima modifica al 4 Novembre 2013.

Per i Paesi aderenti, gli USA hanno stabilito uno slittamento al 1° Luglio 2014 per quanto concerne la comunicazione di dati relativi a potenziali evasori ed anche la sospensione della maggior parte delle sanzioni per i clienti non correttamente identificati (denominati recalcitrant), ivi compreso l’obbligo di chiusura del rapporto e di sfruttare le procedure antiriciclaggio ancora in vigore. I Paesi firmatari si obbligano, di conseguenza, a superare i vincoli interni relativi alla privacy e inerenti il segreto bancario. Decade, inoltre, l’obbligo da parte degli intermediari finanziari di sottoscrivere un accordo diretto con l’Autorità Finanziaria americana (Internal Revenue Service – IRS), rimanendo invariato, invece, quello diretto a censire ed accertare la presenza di contribuenti statunitensi, nonchè a monitorare i flussi monetari in entrata ed in uscita dei propri correntisti.

Per quanto concerne il decreto di attuazione e ratifica dell’accordo, lo stesso contiene e nello specifico individua i soggetti, operatori finanziari (istutiti di credito, assicurazioni, fondi di investimento, sgr, fondazioni, ecc…), obbligati agli adempimenti ivi previsti, nonché le relative scadenze. Gli stessi operatori avevano, inoltre, termine sino all’8 Maggio u.s. per proporre osservazioni in merito.

Dunque, in particolarte la prima tappa per l’attuazione della normativa in questione, ha avuto luogo dal 1° Luglio scorso, data in cui gli enti creditizi e finanziari hanno sottoposto i nuovi clienti ad un mero questionario concernente l’autodichiarazione del cliente stesso a non aver intrattenuto rapporti di genere finanziario con soggetti statunitensi.

La seconda tappa con scadenza 30 Novembre 2014 prevede la registrazione degli Istituti presso il portale dell’IRS al fine di evitare la trattenuta del 30%, che sarà operata come sanzione nei confronti degli enti non inclusi nella lista che verrà stilata dall’Autorità americana.

Un’ulteriore tappa è scadenziata per il 30 Aprile 2015 allorquando i soggetti preposti dovranno censire ed inviare i dati relativi ai rapparti intercorsi con soggetti statunitensi durante il 2014.

Quarta ed ultima tappa è prevista per il 30 Giugno 2015 in cui gli Istituti avranno l’obbligo di analizzare e classificare i rapporti attivati precedentemente al 1/7/2014, e la data slitta ancora al 30 Giugno 2016 per i conti correnti con valori superiori al milione di dollari.

Il decreto in oggetto chiarisce, inoltre, i dati oggetto di informativa, di segnalazione e di obbligo di informazione all’Agenzia delle Entrate.

In particolare viene richiesto agli Istituti dovranno identificare la propria clientela su base differenziata per le persone fisiche e per quelle giuridiche, con maggiore approfondimento per i rapporti sorti dopo il 30 Giugno 2014. Circa i conti sottoscritti da persone fisiche con valore, al saldo, uguale o superiore a 50mila dollari ed inferiore o uguale ad 1milione di dollari vi è l’obbligo di verificare le informazioni rintracciabili elettronicamente conservate negli archivi degli Istituti stessi. Infine per i conti superiori al milione occorre procedere alla verifica cartacea di prove documentali relative ai cinque anni precedenti.

A modesto parere della scrivente la normativa in oggetto, recepita dal nostro ordinamento, riassume e concretizza l’egemonia statunitense nel sistema economico e monetario mondiale, tanto da poter controllare anche i dati e, pertanto, la privacy dei cittadini italiani.

Ancorchè i dati relativi allo stato economico-patrimoniale della persona fisica o giuridica sono semplicemente dati personali e non sensibili, occorre, comunque, che gli Istituti di credito e assicurativi adottino i relativi obblighi stabiliti dal D.Lgs. 196/03, ed in particolare i sistemi di sicurezza inerenti la sicurezza degli stessi.

Appare un’invadente e opinabile ingerenza da parte di uno Stato straniero nei confronti dei cittadini italiani, una sorta di controllo, certo anche del flusso di denaro tra stati e non solamente al fine di controllare e redarguire i comportamenti illeciti di traffico internazionale di denaro “sporco”.

A quanto pare il “Grande Fratello” orwelliano è sempre più presente nella vita quotidiana e non solo a livello nazionale, ma anche internazionale e mondiale.

Francesca Bettocchi
Avvocato in Bologna

 

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Descrizione del Fondo di Investimento Specializzato del Lussemburgo (FIS)

lussemburgoCome richiesto, di seguito si fornisce un quadro di sintesi del Fondo di Investimento Specializzato del Lussemburgo (di seguito denominato “FIS”), mezzo flessibile ed efficiente dal punto di vista fiscale.

Per FIS si intende un qualsiasi organismo di investimento collettivo il cui unico obiettivo è l’investimento collettivo dei propri fondi in attività, con lo scopo di ripartire i rischi d’investimento e di far beneficiare gli investitori dei risultati della gestione del proprio patrimonio. Tale mezzo è molto utile in particolare per l’avvio di fondi immobiliari, fondi di “private equity” e fondi di fondi.

Il FIS è soggetto a registrazione e alla vigilanza continua da parte della “Commission de Surveillance du Secteur Financier” (Commissione di vigilanza del settore finanziario, di seguito denominata “CSSF”). Tuttavia, il Fondo di Investimento Specializzato è soggetto ad una regolamentazione non particolarmente restrittiva.

Aspetti societari:

Un FIS può assumere la forma di ente giuridico di tipo aperto (cioè una società di investimento a capitale variabile, di seguito denominata come “SICAV”), di un fondo contrattuale d’investimento, il quale deve avere una società di gestione (FCP) o di un ente giuridico di tipo chiuso (cioè una società di investimento a capitale fisso, di seguito denominata come “SICAF”).

La SICAF e la SICAV possono assumere la forma di società per azioni (SA), di società a responsabilità limitata (SARL), di società in accomandita per azioni (SCA) o di società cooperativa nella forma di società per azioni.

Gli investimenti in un FIS sono riservati solo agli investitori “ben informati”, che dovranno essere:

– un investitore istituzionale; o
– un investitore professionale; o
– un qualsiasi altro investitore che abbia confermato per iscritto di aderire allo status di investitore “ben informato” e che:
– o investe un minimo di Euro 125.000 nel FIS;
– o è in possesso di una valutazione, rilasciata da una banca europea, un’impresa di investimento o una società di gestione, che attesti che egli dispone di adeguate competenze, esperienza e conoscienza per comprendere adeguatamente l’investimento effettuato nel FIS.

L’oggetto è limitato all’investimento collettivo dei fondi raccolti dai suoi investitori mediante l’applicazione del principio della diversificazione del rischio. Un FIS può investire in linea di principio in qualsiasi tipo di attività (ad esempio azioni, obbligazioni, immobili, strumenti del mercato monetario,…) a condizione che rispetti il principio della diversificazione del rischio e, in particolare, a condizione che venga attuata un’adeguata procedura di gestione del rischio.

La capitalizzazione minima di un FIS deve essere pari a 1.250.000 euro. Tale importo deve essere raggiunto entro il termine di 12 mesi dall’autorizzazione al FIS rilasciata dalla Commissione di vigilanza del settore finanziario (CSSF).

Un SIF può essere impostato come un fondo d’investimento a comparti multipli e/o più classi di azioni, in modo da soddisfare le esigenze degli investitori.

Regolamento:

Per poter svolgere le sue attività, un FIS deve essere preventivamente autorizzato dalla CSSF.

Un FIS deve inoltre nominare un custode lussemburghese che deve essere a conoscienza in ogni momento di dove si trovano le azioni e come queste vengono investite. Tale custode lussemburghese deve essere un istituto di credito ai sensi della legge del Lussemburgo del 5 aprile 1993.

Un FIS deve inoltre designare un revisore del Lussemburgo che verifichi annualmente i suoi conti.

I documenti obbligatori prescritti dalla legge sul Fondo d’Investimento Specializzato sono in particolare:
– i bilanci d’esercizio annuali, che devono essere disponibili agli investitori entro sei mesi dalla fine del periodo a cui si riferiscono;
– un prospetto, che deve essere aggiornato quando vengono rilasciati nuovi titoli.

La frequenza minima del calcolo del valore patrimoniale netto (NAV) è annuale.

Aspetti fiscali:

I FIS sono soggetti ad un regime fiscale specifico. Un FIS è infatti esente dall’imposta sul reddito delle società, dall’imposta commerciale e dall’imposta sul patrimonio. La distribuzione dei dividendi fuori dalla FIS non è soggetta a ritenute alla fonte in Lussemburgo. La plusvalenza realizzata sulla vendita della partecipazione in un FIS da un non residente è esente dall’imposta sul reddito in Lussemburgo, a condizione che siano soddisfatte determinate condizioni.

Il SIF è soggetto a una tassa di registrazione ad un tasso annuo del 0,01%, applicata sul valore patrimoniale netto trimestrale.

Un FIS organizzato sotto forma di SICAV / SICAF può beneficiare dell’applicazione di alcune convenzioni fiscali che possono consentire di beneficiare di minori ritenute alla fonte.

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Austria: Imposte sul trasferimento delle proprietà immobiliari – Nuove norme in materia di base imponibile

Il trasferimento di beni immobili in Austria comporta il pagamento di una tassa del 3,5% (2% in caso di trasferimenti intra-familiari). Nel 2012, la Corte costituzionale austriaca ha stabilito che le disposizioni dell’Austrian Real Estate Transfer Tax sulla base imponibile non sono conformi al diritto costituzionale del paese. Poco prima della scadenza del periodo di transizione, nuove disposizioni per la determinazione della base imponibile ai fini fiscali sul trasferimento immobiliare sono entrate in vigore a partire dal 1 giugno 2014.

Considerazione –equo valore di mercato degli immobili

Come regola generale, il corrispettivo per la cessione di beni immobili determina la base imponibile ai fini fiscali nel trasferimento immobiliare in Austria. Tuttavia, nel caso in cui non vi è alcun corrispettivo (ad esempio in caso di trasferimento mortis causa), se lo stesso non può essere determinato od è inferiore al valore reale di mercato, il maggior valore di mercato sarà la base per l’imposta di trasferimento dell’immobile, costituendo la base imponibile minima.

Come risultato, i trasferimenti di proprietà effettuati senza pagamento di alcun corrispettivo ad una persona non della famiglia, determinerà un aumento dell’onere fiscale sul trasferimento immobiliare. Questo, tra l’altro, si applica al conferimento di un immobili da un’azionista alla sua controllata, senza determinare un aumento di capitale.

Trasferimenti intra-familiari

Nel caso di un mero trasferimento intra-familiare, la triplice imposta sul valore unitario (Einheitswert) degli immobili costituisce la base imponibile d’imposta del 2% sul trasferimento immobiliare in Austria. L’imposta sul valore unitario (anche se moltiplicata per tre) è in genere notevolmente inferiore al valore di mercato degli immobili in questione. Tale base imponibile ridotta si applica indipendentemente dal fatto che il trasferimento intra-familiare avviene con o senza alcun corrispettivo. In caso di trasferimento di terreni agricoli o forestali, la base imponibile è pari al semplice valore fiscale unitario (senza essere triplicato).

Il termine “famiglia” comprende in particolare i coniugi, le persone legate da unioni civili, i figli, i nipoti e, in determinate circostanze, i conviventi.

Tale base imponibile ridotta si applica anche in caso di acquisizione indiretta di beni immobili tramite l’acquisizione o consolidamento di tutte le azioni di una società proprietaria di immobili in Austria.

Trasferimento di immobili in corso di riorganizzazione

In generale, le modifiche sulla base imponibile per il trasferimento di beni immobili non avranno alcun impatto sulla riorganizzazione, secondo la legge austriaca di Riorganizzazione Fiscale (Umgründungssteuergesetz), nel corso del trasferimento. A meno che tale riorganizzazione comporti un consolidamento di tutte le azioni di una società proprietaria di immobili, la base imponibile per tale trasferimento immobiliare sarà comunque pari al doppio del valore fiscale unitario dei beni in questione. Se una proprietà agricola o forestale viene trasferita nel corso di una riorganizzazione secondo la Legge di Riorganizzazione fiscale, si applica l’imposta semplice.

Fondazioni private

In caso di trasferimento gratuito di beni immobili da parte di un donatore ad una fondazione privata (Privatstiftung), la base imponibile è pari al valore di mercato dei beni immobili trasferiti, così da rendere il contributo a carico della fondazione privata più alto. L’aliquota applicabile al trasferimento immobiliare in questi casi è pari al 6%. Inoltre, l’assegnazione di beni immobili da parte di una fondazione privata ad un beneficiario determina il pagamento di una tassa di trasferimento immobiliare del 3,5% che si basa anche sul valore di mercato dei beni immobili trasferiti.

Le nuove norme in materia di determinazione della base imponibile sono applicabili sui trasferimenti avvenuti dopo il 31 maggio 2014. Disposizioni transitorie specifiche possono prevedere degli sgravi. La nuova base imponibile per i trasferimenti di terreni agricoli o forestali entrerà in vigore alla scadenza del regime esistente alla data del 31 dicembre 2014. Se le nuove norme siano conformi al diritto costituzionale austriaco rimane una questione controversa.

Cecilia Severino
Abogado presso “Illustre Colegio de Abogados” di Madrid (ES)

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La “collaborazione volontaria”:luci ed ombre di un’opportunità per il contribuente con capitali detenuti all’estero

segreto%20bancarioA causa del mancato accordo tra UE e gli altri Paesi UE considerati “quasi” Black List (Svizzera, San Marino, Liechtenstein, Andorra, Montecarlo), Austria e Lussemburgo hanno di fatto bloccato il processo per la firma dell’accordo per la rimozione del segreto bancario, inizialmente prevista entro la fine del 2013, con la conseguenza che tale termine slitterà ancora. Ciononostante, nella lotta contro il riciclaggio, sembra raggiunto ormai un punto di non ritorno.

In Svizzera, ad esempio, paese storicamente privilegiato dai cittadini italiani per le operazioni di trasferimento di capitali all’estero, ci si sta avvicinando a passo svelto (quanto meno, mai sperimentato prima) all’allineamento alle raccomandazioni antiriciclaggio dell’OCSE e del GAFI (il suo braccio operativo), cui aderire per non rientrare nella lista dei paesi Black List. Anche altri paesi (e non solo europei, ad esempio Singapore) stanno prendendo provvedimenti nella stessa direzione per cercare di non essere iscritti nella famigerata Black List.

La proposta di revisione delle norme che regolano la lotta al riciclaggio, sottoposta dal governo di Berna alle Camere Federali, amplierebbe la platea dei soggetti punibili, coinvolgendo non più solo gli autori del reato ma anche i professionisti che concorrono a vario titolo al reato. Tra questi: i funzionari di banca, i fiduciari, i gestori patrimoniali, i commercialisti e gli avvocati che dovessero trattare patrimoni di origine “incerta”. Se tale riforma del codice penale svizzero dovesse passare, sarà consentita la confisca dei capitali del reo in misura equivalente a quanto sottratto al fisco con l’operazione illecita. Inoltre le procure straniere potranno ottenere il sequestro dei proventi di frode depositati presso le banche elvetiche e, pare, non solo per i capitali detenuti direttamente, ma anche per quelli detenuti attraverso enti interposti.

E’ anche questo il motivo per cui, negli ultimi mesi, le banche svizzere stanno inviando ai loro clienti lettere dai toni ultimativi con cui si invita a scegliere tra la chiusura del conto o l’uscita dall’anonimato, generando il panico tra i clienti. In realtà i tempi di attuazione di queste rivoluzionarie riforme non saranno certo brevissimi. La convenzione internazionale per lo scambio di informazioni tra autorità fiscali, firmata ad ottobre del Governo elvetico, ancora dovrà passare il vaglio del voto in parlamento, probabilmente l’anno prossimo, e sarà soggetta a referendum popolare. La Svizzera avrà tempo fino a tutto il 2015 per adeguarsi, e ci vorranno ancora 2 anni prima che possa entrare in vigore. In caso di mancata ratifica, la Svizzera verrebbe inserite nella Black List a partire dal 2016. Quindi i veri effetti di questa “rivoluzione” elvetica si vedranno nell’arco di un decennio.

E in Italia? Nel Belpaese è ancora oggetto di studio e dibattito lo strumento legislativo con cui attivare la strada dell’auto-denuncia, oscillando tra chi giudichi non corretto tendere una mano a chi ha frodato il fisco e chi, più pragmaticamente, punterebbe a massimizzare il flusso di incassi previsto per l’erario, attraverso abbattimento delle sanzioni e la depenalizzazione dei reati connessi.

Nei giorni scorsi il Sole 24 Ore ha pubblicato quella che dovrebbe essere la soluzione messa in campo dal governo Letta per attirare i capitali detenuti all’estero dai nostri contribuenti più retrivi e che il governo vorrebbe inserire già nella legge di stabilità in discussione alla Camera.

Da quanto si ricava da questa bozze, e come già era trapelato, non si tratterà di un condono, perché le imposte evase saranno esatte per intero, né si tratterà di uno scudo fiscale, perché i titolari dei capitali, a differenza di quanto finora invece vaticinato (lo schema di autodenuncia con l’interposizione di un professionista “intermediario”), non rimarranno anonimi. Questo fatto avrebbe importanti ripercussioni sul professionista coinvolto nella procedura perché questi potrà richiedere solo informazioni generali senza svelare il nome del contribuente e i dettagli della sua specifica situazione, mentre, se nell’interesse del proprio cliente, dovrà rendersi necessario porre domande più dettagliate, sarebbe obbligato ad adempiere a tutte le verifiche e agli obblighi cui è tenuto dalla normativa anti-riciclaggio.

A questo proposito, il Governo dovrà anche decidere se fare propria una nuova figura di reato, “l’autoriciclaggio”: il contribuente che avrà esportato capitali sarà responsabile del reato di riciclaggio. Questo, nelle intenzioni del procuratore aggiunto del Tribunale di Milano Francesco Greco, responsabile del gruppo di lavoro che ha elaborato la bozza sulla voluntary disclosure italiana, dovrebbe spingere chi detiene capitali all’estero a cogliere l’opportunità dell’autodenuncia per non incorrere in reati penali davvero molto più gravi. Verrebbe estesa la punibilità anche all’autore del reato da cui proviene il denaro, mentre “attualmente è punito a titolo di riciclaggio soltanto chi non abbia commesso, o non abbia concorso a commettere, anche il reato presupposto”, come può leggersi nella relazione illustrativa.

Lo scenario temporale della “voluntary disclosure” in salsa tricolore punta ad un copioso rientro dei capitali entro il 30 settembre 2016 e le risorse che si spera di ritrarne finanzieranno già a partire dal 2014 e per tutto il triennio 2014-2016 il fondo automatico per tagliare il cuneo fiscale. Si è, al momento, in attesa di un provvedimento legislativo che recepisca queste indicazioni e di una successiva circolare operativa, con cui il contribuente potrà valutare la convenienza o meno, caso per caso, dell’accesso allo strumento.

Un elemento importante della “collaborazione volontaria” sarà la piena esimente della punibilità da 1 a 3 anni per i reati di infedele ed omessa dichiarazione e la riduzione della metà delle sanzioni previste per i reati più gravi di dichiarazione fraudolenta con false fatturazioni o artifici contabili, passando da un minimo 18 mesi a 9 mesi e da un massimo di 6 anni 3 anni di reclusione. Verrebbe anche prevista una ulteriore riduzione delle sanzioni della metà se le attività saranno detenute in paesi White List (quindi l’1,5% dell’importo non dichiarato) e una riduzione di un quarto nel caso resteranno in paesi Black List (quindi il 4,5% dell’importo non dichiarato).

Sono filtrate anche notizie sulle nuove linee guida dell’Agenzia delle Entrate riguardo il monitoraggio fiscale. Verrebbe definitivamente chiarito il nuovo quadro sanzionatorio previsto che già la Legge Europea dell’agosto del 2013 aveva profondamente rivisto al ribasso a partire dal 4 settembre 2013. In sostanza, viene confermato che, in osservanza del principio del favor rei, al contribuente andranno applicate le sanzioni previste a lui più favorevoli, indipendentemente da quando sia stata commessa la violazione: per le violazioni già commesse si applicheranno le nuove sanzioni ridotte. Gli uffici, una volta ricalcolate le sanzioni, dovranno annullare l’atto originario con un provvedimento in autotutela parziale. Successivamente, se il contribuente provvederà al pagamento di quanto rimasto pendente, l’ufficio chiederà l’estinzione del giudizio per cessata materia del contendere. Qualora, invece, il contribuente non intendesse definire il nuovo importo, il giudizio proseguirà sino alla decisione del giudice. L’annullamento parziale dovrà essere emesso anche in sede di mediazione per le cause soggette a tale obbligo. L’Agenzia, avendo preso atto che alcuni adempimenti sono stati eliminati (omessa o incompleta compilazione delle Sez. I e III del Quadro RW di Unico) dispone anche di abbandonare il contenzioso pendente, sempre qualora il contribuente ritenga opportuno farne richiesta in vista dell’estinzione della controversia pendente. Nei casi in cui sia prevista un minimo ed un massimo di pena, la rideterminazione dovrà tener conto anche della gravità della violazione e della condotta del contribuente, valutata dall’ufficio legale e dall’ufficio accertamento.

Come si diceva, la procedura di “collaborazione volontaria” non consentirà il mantenimento dell’anonimato perché verrà attivato direttamente dal contribuente stesso che invierà all’Agenzia delle Entrate una richiesta in cui dovrà indicare distintamente tutti gli investimenti e le attività finanziarie detenute all’estero, direttamente o indirettamente, per tutti i periodi su cui il fisco può ancora procedere ad accertamento. Andranno indicate tutte le informazioni e allegati tutti i documenti necessari alla complicatissima ricostruzione dei singoli redditi (dividendi, redditi da immobili, redditi finanziari, ecc.) con cui tali patrimoni furono costituiti, acquistati o che oggi derivano dalla loro dismissione. Questo perché l’emersione volontaria darà luogo ad un vero e proprio accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate che dovrà ricostruire le aliquote da applicare distintamente. I casi di determinazione forfetaria potranno applicarsi solo a quelle situazioni che, anche per l’anzianità della loro formazione, non potranno essere ricostruite analiticamente.

L’amministrazione finanziaria potrà risalire temporalmente fino a quanto consentito dai normali parametri degli accertamenti. Quindi, ipotizzando l’entrata in vigore il 1° gennaio 2014, non si potrà risalire oltre il 2004 per l’omessa dichiarazione e il 2006 per l’infedele dichiarazione. Se un contribuente non avesse dichiarato le attività estere nel quadro RW, il termine previsto per i periodi d’imposta accertabili è di 5 anni, raddoppiabili per i paesi Black List, e decorrono dall’anno di mancata compilazione (es.: quadro relativo al 2008, si contano 5 o 10 anni a partire dal 2009).

Perché la dichiarazione di “collaborazione volontaria” esplichi i suoi effetti il contribuente dovrà versare in un’unica soluzione le somme dovute in base all’accertamento e le relative sanzioni entro i termini dell’accertamento stesso (60 giorni) o entro 20 giorni dalla presentazione dell’atto di accertamento con adesione. Il che fa dedurre che vi sarà comunque un accertamento che dovrà venir emesso, e che sarà preceduto da un contraddittorio durante il quale potrà definirsi il dovuto. Bisognerà qui porre molta attenzione perché, in caso di false attestazioni, si rischiano da 6 mesi ad 1 anno di carcere. L’intera procedura potrà essere attivata fino al 30 settembre 2016.

Entro 30 giorni dall’effettuazione dei versamenti dovuti, l’Agenzia delle Entrate comunicherà all’autorità giudiziaria competente la conclusione della procedura di “collaborazione volontaria”.

Non si potrà ricorrere allo strumento di voluntary disclosure se il contribuente avrà avuto formale conoscenza di accessi, ispezioni, verifiche o dell’inizio di qualunque attività di accertamento amministrativo o di procedimenti penali per violazioni di norme tributarie relativi alle attività oggetto della “collaborazione volontaria”.

A questo punto, fermo restando che quando sarà chiaro e definito il quadro legislativo sarà opportuno fare una verifica caso per caso viene da chiedersi: “Ma converrà aderire alla proposta di “collaborazione volontaria”?”

In effetti, lo sconto sulle sanzioni sarà molto forte e i reati penali connessi all’omessa o infedele dichiarazione saranno azzerati. Però sarà un’operazione da affrontare con prudenza. L’autodenuncia, ad esempio, una volta presentata l’istanza, andrà portata a termine perché non sarà coperta da anonimato. In caso di mancato versamento delle somme dovute l’Agenzia avrà a disposizione 1 anno di tempo per notificare un nuovo atto di contestazione con le sanzioni senza abbattimento. E le imposte dovute a seguito della “collaborazione volontaria” saranno le imposte in misura piena per le annualità ancora accertabili, senza alcun abbattimento o forfetizzazione. Sarà in alcuni casi complicatissimo reperire la documentazione utile alla ricostruzione dei redditi prodotti all’estero, specie se di natura finanziaria. Inoltre, non è ancora chiaro il quadro delle ripercussioni sugli obblighi relativi all’antiriciclaggio, né per consulenti, fiduciarie e intermediari né per quanto scaturirà in base al nuovo reato dell’autoriciclaggio.

La “collaborazione volontaria”, probabilmente, non riuscirà a determinare il rimpatrio della maggior parte dei capitali italiani detenuti all’estero come auspicato, perché, indipendentemente dalla bontà dello strumento legislativo che sarà approvato in via definitiva, la gran parte delle attività e investimenti detenuti all’estero da italiani non sono detenuti direttamente da persone fisiche ma per mezzo di società anonime residenti in un paradiso fiscale. Con le nuove disposizioni che entreranno in vigore negli anni prossimi anche nei paesi “quasi” black list”, a rischio saranno coloro che hanno esportato denaro senza averlo comunicato al fisco e avendo aperto un conto intestato direttamente a proprio nome, confidando sull’anonimato. Agli evasori eticamente meno attrezzati, basterà, nei prossimi mesi, spostare i conti intestati a proprio nome in filiali straniere degli stessi istituti attualmente recentemente irrigiditisi (quali quelli elvetici), per farli rientrare successivamente all’entrata in vigore della legge: la eliminazione del segreto, infatti, sembra che riguarderà solo i conti intestati a cittadini stranieri presso gli istituti nazionali (elvetici, ad esempio), non anche quelli detenuti presso le filiali di questi all’estero. Oppure, se già non lo avessero fatto prima, potranno intestare il conto a un fiduciario con residenza in qualche paradiso fiscale e potranno continuare indisturbati ad evadere.

 

Paolo Battaglia

Dottore Commercialista in Ragusa

 

 

 

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Affitto con riscatto (rent to buy): funzionamento e trattamento fiscale

Affitto-con-Il cosiddetto “affitto con riscatto” (o anche “rent to buy”) è uno schema contrattuale che consente a chi non dispone di risorse per acquistare un immobile, di prenderlo tuttavia in locazione con la possibilità, ad una determinata scadenza, di decidere se acquistarlo o meno, detraendo dal prezzo di acquisto quanto pagato in precedenza per i canoni di locazione. In sostanza, si stipulano contemporaneamente due diversi contratti: il primo di affitto (in genere con un canone superiore al prezzo di mercato), il secondo di opzione, con il quale il padrone di casa dà all’inquilino la possibilità di decidere se – dopo un certo numero di anni – comprare la casa ad un prezzo stabilito in precedenza. Ecco perché questo schema negoziale è anche detto “locazione con patto di futura vendita”.

Dunque: in caso di acquisto da parte del locatario, le mensilità versate fino a quel momento verranno detratte dal prezzo pattuito all’origine. Al contrario, se si decide di non comprare l’immobile, l’inquilino avrà perso quanto pagato a titolo di affitto.

In tal modo l’acquirente ha la possibilità di comprare dopo qualche anno un appartamento al prezzo attuale, senza temere una ripresa del mercato immobiliare e un conseguente aumento dei costi.

Dall’altro lato, per il venditore, in un momento in cui è difficile trovare acquirenti, l’affitto con riscatto permette di avere subito un canone mensile più alto rispetto all’affitto tradizionale e la possibilità concreta di vendere dopo un periodo stabilito, atteso che il locatario, avendo già pagato più di un canone normale, sarà più propenso a comprare.

Le parti, pertanto, devono firmare due diversi e autonomi contratti. Perciò, l’affitto con riscatto non è un contratto a sé stante (atipico), ma la sommatoria di due contratti (tipici) già regolati dalla legge (affitto e opzione). Tali due contratti seguiranno le normali regole già previste per essi dalla legge [1].

Trattamento fiscale: imposta indirette (IVA e imposta di registro)

Ai fini IVA l’operazione non rientra tra quelle il cui effetto traslativo è immediato, poiché l’opzione per il riscatto non è vincolante per entrambe le parti [2]. Quindi, il canone verrà sottoposto a fatturazione con gli ordinari criteri di cui all’articolo citato, così come il corrispettivo per l’eventuale vendita.

Nel caso di immobile “prima casa” sussistono tuttavia differenze di aliquote IVA da applicare (4% per l’acquisto e 10% per la locazione) in quanto l’agevolazione prima casa è prevista per l’acquisto e non per la locazione: il conguaglio IVA dal 10% al 4% a favore dell’acquirente potrebbe essere richiesto nel caso di successivo acquisto del bene da parte di soggetto avente i requisiti prima casa.

Il locatore, infine, potrebbe decidere di non assoggettare a IVA la locazione (trattandosi di operazioni esenti per natura); in tal caso sarà dovuta l’imposta di registro del 2% annuale sui canoni di locazione, certamente più conveniente per il conduttore rispetto all’IVA. Trattasi tuttavia di una fattispecie che, per gli immobili ad uso abitazione, trova scarsa applicazione pratica poiché il locatore dovrebbe restituire l’IVA pagata sulla costruzione dell’immobile e pertanto preferisce optare per l’applicazione dell’IVA sul canone di locazione.

Imposte sul reddito

Ai fini delle imposte sul reddito, la legge [3] anticipa l’effetto della cessione per i contratti di locazione con clausola di trasferimento vincolante per entrambe le parti; per cui, ove detta clausola non è presente (così come avviene nella tipologia contrattuale di rent to buy più diffusa) il canone di locazione genera ricavi nei vari esercizi e pertanto gli stessi non possono considerarsi acconti, ma ordinari canoni di locazione.

Si dovranno pertanto emettere fatture/ricevute per canoni di locazione e fattura/ricevuta di vendita nel caso di successivo acquisto del bene.

Resta pur sempre consigliabile analizzare attentamente il contenuto dei contratti stipulati così da verificare l’effettiva volontà delle parti e i conseguenti effetti fiscali. Trattandosi di forme contrattuali innovative le stesse possono prevedere differenti condizioni, tali da variarne anche il trattamento fiscale.

Articolo a cura dell’dott. commercialista avv. PAOLO FLORIO

 

[1] Per la locazione, la legge n. 431/98 e n. 392/1978; per l’opzione l’art. 1331 cod. civ.

[2] Ciò ai sensi di quanto disposto dell’articolo 6, comma 1 e 2, del DPR 633/72.

[3] Art. 109, comma 2, lettera a) del DPR 917/1986.

© Riproduzione riservata

Articolo ripreso dal portale www.laleggepertutti.it

Pagina originale: Affitto con riscatto (rent to buy): funzionamento e trattamento fiscale

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