Brexit e l’impatto sulle Tech Companies

Il nuovo rinvio della Brexit al 31 gennaio 2020 e l’annuncio delle elezioni fissate per il 12 dicembre di quest’anno hanno sollevato ancora più dubbi sulla scelta del Regno Unito di lasciare l’Unione Europea.

A meno che l’esito delle elezioni non stravolga l’attuale situazione politica, l’esito della Brexit sta diventando piu’ chiaro e sembra ora probabile che il raggiungimento di un accordo sia vicino.

Secondo l’accordo raggiunto da Johnson ci sarebbe un periodo di transizione fino a dicembre 2020, periodo prorogabile per altri due anni.

Il periodo di transizione dara’ vita ad una sorta di paralisi giuridica e pertanto, in linea di massima, il quadro normativo non verra’ cambiato anche se il Regno Unito non avra’rappresentanza nell’Unione Europea.

Vale la pena sottolineare che la data di attuazione per la maggior parte delle modifiche introdotte dalla Brexit, coincide con la fine del periodo di transizione piuttosto che con la data in cui il Regno Unito lascia l’Unione europea.

La ratio del periodo di transizione è quella di concedere alle imprese il tempo necessario per adeguarsi alle nuove disposizioni.

Il governo britannico si è impegnato a proteggere i diritti dei cittadini europei che intendono risiedere nel Regno Unito anche dopo Brexit, dando loro la possibilità di regolare il proprio status attraverso la domanda presentata tramite il “Eu Settlement Scheme”.

Il governo inglese ha anche chiarito che la protezione dei cittadini va attuata in entrambe le direzioni: anche i cittadini britannici che vivono in uno dei 27 Stati membri dell’Unione europea, dovranno pertanto ottenere la protezione e il riconoscimento dei propri diritti.

Le aziende che operano nel settore della tecnologia dovrebbero rivedere le strategie internazionali per stabilire se e in che misura sia vantaggioso continuare ad utilizzare le società del gruppo del Regno Unito come canale d’accesso all’Europa.

Queste società dovrebbero valutare la propria scelta commerciale in base alle regole dell’OMC.

Un altro aspetto sul quale è opportuno porre l’attenzione, riguarda la protezione dei dati sensibili.

L’Unione Europea ritiene che i trasferimenti di dati personali dall’Unione Europea al Regno Unito, nel post-Brexit, saranno considerati come trasferimenti verso un paese terzo. In base a quanto stabilito dall’art. 25 della Direttiva 95/46/CE, il trasferimento di dati da paesi europei presso paesi terzi è vietato, salvo che il Paese in questione garantisca un livello di protezione adeguato; alla Commissione Europea è riconosciuto il potere di stabilire tale adeguatezza attraverso una specifica decisione.

Con riferimento al trasferimento di dati dal Regno Unito all’Unione Europea, il Regno Unito ha riaffermato l’adesione alla disciplina europea. I trasferimenti di dati dal Regno Unito alle giurisdizioni extra-europee dovranno adeguarsi, invece, agli obblighi del Data Protection Act 2018. Regno Unito e Stati Uniti hanno concordato misure che consentono di utilizzare lo scudo UE-USA per la privacy, così da legittimare i trasferimenti dal Regno Unito agli Stati Uniti in caso di Brexit no-deal.

Sulla scelta del diritto applicabile ai contratti, il governo britannico ha sottolineato la volontà di continuare ad applicare i principi stabiliti in Roma I e Roma II, nonché  le norme che attualmente disciplinano le obbligazioni contrattuali.

Le aziende tecnologiche dovrebbero identificare quali sono gli aspetti da preservare nella loro attività e adeguarsi alle nuove disposizioni. I cambiamenti riguarderanno anche i marchi UE, che in quanto marchi comunitari non avranno più protezione nel Regno Unito. Ciò nonostante, il governo britannico ha confermato le procedure volte a garantire la sopravvivenza dei marchi nel Regno Unito.

Print Friendly, PDF & Email

Be the first to comment

Leave a Reply